Abbiamo scambiato quattro chiacchere con uno dei più forti esponenti di cultura su YouTube italia.

Su YouTube numerosi recensori cinematografici cercano di dare ampio spazio anche all’intrattenimento, in modo da riuscire ad aumentare la presa del pubblico e prenderne di nuovo, tuttavia c’è anche chi non segue le regole e riesce comunque ad attirare gente. Questa persona è Adriano Della Starza, in arte Collezionista di Ombre, il quale è riuscito a costruire una solida community che apprezza estremamente le sue argomentazioni dettagliate sul cinema. Gli iscritti del canale sono circa 4220, ma nonostante il numero possa sembrare apparentemente esiguo, il recensore si sta trasformando sempre di più in uno dei punti di riferimenti più alti per quanto riguarda la settima arte su YouTube Italia e questo lo dimostra anche le diverse collaborazioni che avvengono tra lui e youtuber iconici del settore.

In questa intervista fatta al bravissimo argomentatore, quest’ultimo ha parlato di diversi elementi che vanno dalla gestazione del suo canale al suo rapporto con gli altri colleghi, dal suo amore per il cinema al suo modo di vedere la percezione del pubblico e tante altre cose. Vi auguriamo quindi una buona lettura.

Io: Come è nato il tuo canale YouTube?

Adriano: Io ero abbastanza logorroico quando parlavo di cinema con gli amici e con i familiari. Le cene e le uscite spesso erano catalizzate dalle mie conversazioni sul cinema, finendo anche per discutere animatamente in argomenti con cui si poteva essere in contrasto, come l’ultimo film uscito, sullo streaming, sulla percezione della saga di “Rocky” da me non amata o su altre cose del genere. Così mia moglie, stanca di vedermi sempre arrabattato in queste discussioni, mi consiglia di aprire un canale YouTube in cui realizzo recensioni, così chi mi vuole ascoltare va lì e quando sono con le persone in carne ed ossa parlo di altro. Tutto questo è partito quindi da un consiglio di mia moglie per evitare discussioni. Il mio canale non lo definisco nemmeno un vero canale, ma mi piace chiamarlo “cloud” dove carico del materiale che chi vuole vede e chi vuole non vede. Certo, ufficialmente è un canale ma non ha la professionalità di un vero canale, perché non bado alla lunghezza, non bado al montaggio e non bado agli argomenti di tendenza: se esce “Il Buco” su Netflix e a me non piace non perdo tempo a spiegare come mai non mi è piaciuto, perché se una cosa la considero trascurabile la trascuro e se la considero imprescindibile ne parlo in continuazione. All’inizio montavo anche un po’ ed ero più attento ai dettagli della struttura visiva dei video, ma tutto ciò richiedeva molto tempo e per questo ho lasciato stare.

Io: Che effetto ti fa parlare di cinema in pubblico ed in maniera così dettagliata? La reazione degli utenti e la crescita del tuo canale ti ha fatto scoprire nuove cose rispetto a prima?

Adriano: Facendo l’insegnante ho sempre parlato di cinema in pubblico realizzando anche cineforum, con la differenza che il pubblico sono i miei alunni. Lì il tipo di confronto era ancora diseguale, perché avevo visto un sacco di film e loro pochissimi. Nel web, grazie al cielo, si finisce per confrontarsi con persone che hanno un background abbastanza importante e l’effetto che fa è quello di una conversazione. Questo si può notare anche nei commenti sotto i miei video: non sono mai flame o aggressivi. Come mi spiegò anche un mio stesso follower, ognuno ha un pubblico in base al tono che ha il proprio canale. Io ho un tono di pacatezza, di approfondimento e di analisi…. e di conseguenza ricevo toni di pacatezza, di approfondimento e di analisi. Nel massimo rispetto delle opinioni altrui si cresce insieme, perché io sono anche cresciuto confrontandomi con punti di vista diversi dai miei. Nell’intervista fatta a Mr.Marra ci siamo confrontati sulla visione di Fellini avendo dei punti di vista leggermente diversi sulla valenza politico-sociale dei suoi film, ma io ho ascoltato con molto interesse il suo punto di vista. Quindi si, il mio punto di vista è anche suggestionato dai punti di vista altrui e negli anni si modifica. A tal proposito, io lo modifico anche ascoltando delle persone che hanno visto pochissimi film. Sono sempre affascinato quando qualcuno parla di cinema e diversi punti di vista mi danno anche la possibilità di discutere nuovamente dello stesso film ma in maniera differente dalle altre: un punto di vista diverso dal mio non lo rigetto in quanto tale, ma cerco di assorbirlo. I miei follower da questo punto di vista mi danno tantissimo perché fanno spesso analisi approfondite dei film di cui parlo. Anche quando mi riferisco a film di cui penso di avere un quadro ben definito posso cambiare idea, quindi è un continuo work in progress.

Io: Negli ultimi tempi stai realizzando interviste live a famosi o anche solo particolari youtuber del settore. Qual è lo scopo di questa iniziativa?

Adriano: Questo si riallaccia proprio a quello che ho detto prima, perché lo scopo è fare emergere punti di vista diversi tra di loro e dal mio. Ci tengo infatti a precisare che fino ad adesso, come è giusto che sia, non c’è stato nessun intervistato che fatto dichiarazioni che sono lo specchio di quel che penso io. Ogni intervistato ha cacciato fuori le sue opinioni che non necessariamente io condivido in toto, ma dalle quali mi sento arricchito. Spero inoltre che questo percorso porti ad una crescita di chi vede queste cose e di me che le realizzo, perché la crescita c’è solamente se si mettono in discussione le proprie certezze o le proprie opinioni. Quindi stare sempre lì con il grimaldello delle opinioni altrui scardinando i propri pregiudizi ed i propri pensieri ferrei per ricostruire in continuazione quello che si è e quello che si pensa. Questo è un momento di confronto e spero di arricchimento per tutti. L’idea l’ho sempre avuta per anni, tuttavia a volte mi mancava il tempo e a volte la voglia, ma adesso ho iniziato questo percorso. Mi ha ispirato un giornalista francese, di cui adesso mi sfugge il nome, che per anni ha intervistato decine e decine di registi facendo anche le stesse domande, cosa che io non sto facendo ancora ma gli argomenti nel succo sono gli stessi. Questo giornalista fa notare quanto dei registi pensino in un modo decisamente opposto rispetto ad altri: c’è chi dice che la sceneggiatura è tutto mentre un altro dice che invece la regia è tutto, c’è chi dice che gli attori sono fondamentali  e c’è chi dice che invece è il regista a modellarli a suo piacimento come se fossero carni da macello, quindi determinate cose assolute per un regista sono scardinate da un altro regista. Questi esperimenti editoriali fanno capire come non esista una verità assoluta, ma tante realtà relative e la verità non esiste da nessuna parte e non ce l’ha nessuno, tanto meno io. Tutti insieme quindi cerchiamo di costruire un mosaico che risulti appagante per chi si confronta poi con questi contenuti. Sicuramente poi con il passare del tempo potrei invitare le stesse persone per realizzare le stesse domande in modo da ascoltare nuovi spunti determinati dal loro punto di vista differente da chi ha ricevuto le stesse questioni o anche solo per vedere se il loro punto di vista è cambiato. Penso quindi che questa operazione sia a scadenza illimitata, infinita.

Mr. Marra Cerbero Podcast
Adriano Della Starza e Davide Marra (in arte Mr.Marra) durante l’intervista a quest’ultimo.

Io: Pensi che i collezionisti di dvd e blu-ray influenzino fortemente il mercato cinematografico o si tratta di una parte molto piccola?

Adriano: Se intendiamo le vendite home video credo che ci sia, anche grazie alla rete, un settore che continua ad esistere dopo tanti anni e speriamo che rimanga proficuo. C’è un settore a livello internazionale, che sicuramente garantisce un certo guadagno altrimenti non esisterebbe già più, destinato ai collezionisti. C’è nel cinema come c’è nella musica con il vinile e come c’è nei libri, perché io sono anche un bibliofilo, cosa diversa dall’essere un lettore come è diverso essere uno che semplicemente vede i film rispetto ad un collezionista. Il collezionista, come sappiamo, cerca di avere pezzi pregiati, tra cui anche edizioni limitate o persino migliori di film che già possiede. Io a volte sono contraddittorio in questo concetto e divento collezionista solo in parte, perché pur di avere il film in dei casi mi accontento anche di un’edizione che non sia per forza quella più curata in assoluto. Il settore esiste ed è forte, perché c’è diversa gente che è disposta a spendere cifre particolarmente importanti per brandire ad una edizione molto curata o unica. Tuttavia in Italia questo settore non si vede, perché ci sono delle edizioni speciali, salvo ovviamente eccezioni date da precise case di distribuzione, che sono poca roba rispetto a quelle internazionali e l’offerta non è ampia se non forse per le steelbook. Per me l’importanza di un’edizione da collezione risiede già molto nei contenuti speciali di approfondimento che c’è in essa.  All’estero è una cosa diffusa, mentre noi ce li abbiamo soprattutto per film iconici o importanti. Questo mercato dei collezionisti esiste e non so ancora per quanto esisterà, ma di certo posso dire che non esisteva prima: le videocassette non permettevano tutto questo e paragonato ad oggi era qualcosa di abbastanza triste per un collezionista, perché avevi solo il film e basta, senza possibilità di scelta in particolari contenuti o edizioni. Il collezionista è amante nel cercare delle edizioni pregiate di film che già tiene per ogni singolo dettaglio in più, quindi si può dire anche che il suo modo di fare non finisca mai. Teoricamente tende all’infinito.

Io: Quindi tu non sei sicuro che nei prossimi anni il mercato dell’home video sparirà in favore dello streaming?

Adriano: Che sparirà no. Magari subirà delle contrazioni, ma probabilmente non sparirà, parlando sempre a livello internazionale. Penso che, nella peggiore delle ipotesi, alla fine in Italia  avremo parecchie cose uscite fuori catalogo che non verranno mai più ristampate. Tuttavia è anche vero che io sto vedendo dei film rilasciati finalmente in dvd adesso. Fino a qualche anno fa i film di erano irreperibili ed adesso invece stanno uscendo film di registi che prima erano introvabili. Se questa è una decadenza è una strana decadenza, perché in caso di quest’ultima certa roba complessa, datata, in bianco e nero ed anti-commerciale che può piacere solo ai cinefili non dovrebbe proprio uscire, eppure sta uscendo adesso. Io cerco sempre di essere pessimista e quindi dico che le probabilità che non abbia futuro siano alte, ma poi sarò il primo a gioire se i fatti mi daranno torto, anche perché le raccolte di un collezionista come ho detto non terminano mai, quindi c’è anche questa contraddizione che tende a far capire che forse le speranze della mancanza di una fine siano più alte di quello che si possa pensare.

Io: Sei favorevole ad edizioni speciali realizzate molto bene ma molto costose? Un esempio sono i titoli della Midnight Factory quando punta sui classici. Mi riferisco soprattutto ad edizioni che riguardano un singolo film, come quella di “Non Aprite Quella Porta”, la quale costava 40 euro alla sua uscita, rispetto a cofanetti come quello dei film di “Halloween”.

Adriano: Se il prezzo è dettato dal mercato io sono sempre favorevole. Ci hanno spiegato che questo è il miglior modo possibile. Secondo me non lo è, ma ci hanno spiegato che la legge di mercato è suprema ed io la rispetto. Se si tratta di beni preziosi, rilasciati in poche copie e fatti bene il prezzo è alto. Poi però si tratta anche di avere pazienza, perché io “Non Aprite Quella Porta” l’ho comprato ad un prezzo molto minore rispetto a quello di rilascio ed il cofanetto di “Halloween” è sceso a 59 euro quando alla sua uscita costava a 89 euro. Se si vuole tutto e subito si paga il capriccio di volerlo subito, io invece dico da anni che la prima virtù di un collezionista deve essere la pazienza. Devi essere consapevole che se una cosa la vuoi adesso la paghi di più e se sai aspettare può capitare di pagare molto di meno. Io sono anche attento alle offerte e quindi approfittarne porta anche vantaggi. Sono favorevole al fatto che esistano delle fasce, ma sono anche favorevole al fatto che il distributore si arrenda ad un certo punto. Se vede che la sua proposta è troppo costosa con il tempo deve anche adeguarsi al cliente abbassando il prezzo nel caso i pezzi non siano venduti a sufficienza. Alla fine secondo me sono sempre le persone a decidere, perché se queste ultime mostrano di non essere disposte a spendere tanto per un prodotto il distributore si adegua. Io vorrei un’edizione 4K del blu-ray di “Joker”, ma non ho ancora comprato nulla perché è uscito da poco ed ha ancora il prezzo pieno, ma tra un annetto o meno comincerà ad entrare nel giro delle offerte. Poi ci sono anche le eccezioni come “C’Era Una Volta a… Hollywood” e “Parasite” che amo talmente tanto che non vedo l’ora di prenderli subito, ma nella maggior parte dei casi so aspettare. Inoltre un cofanetto dei film di James Bond è finito subito fuori catalogo perché le copie sono andate ad esaurirsi e successivamente anche la ristampa si è esaurita in fretta. Tutti lo hanno comprato ad 80 euro perché quello era il prezzo che tutti lo definivano come giusto: alla fine appunto sono le persone a decidere.

Collezionista di Ombre film
Adriano Della Starza nella recensione di “Mulholland Drive” di David Lynch.

Io: Escludendo il particolare periodo che stiamo vivendo, pensi che esista un modo per invogliare la gente a vedere al cinema film diversi dai blockbuster? Se si quale?

Adriano: Non ho la risposta, perché il grande pubblico vuole l’evento e vuole la condivisione. In un saggio interessante, l’autore pone Quentin Tarantino come l’autore di passaggio tra la fase in cui l’immaginario cinematografico era basato sulla collettività e sulla condivisione. Vedere un film era importante, era un momento di massima fruizione in cui le immagini sconvolgevano lo spettatore e quest’ultimo sapeva che sarebbe uscito dalla sala arricchito di una cosa che prima non aveva visto, perché la soglia del visibile era molto bassa. Oggi invece la visibilità si da per scontata e l’immaginario non è più collettivo ma condiviso: non si cercano più immagini, ma storie raccontate bene da condividere con gli altri. Questa differenza porta al fatto che la parola abbia preso il sopravvento sull’immagine e la storia ha preso il sopravvento alla forma in cui la storia viene raccontata. Oggi lo spettatore vuole conoscere il racconto prima, in modo da conoscerlo bene per condividerlo, non gli basta assorbirlo e scoprirlo. Tutto questo preambolo serve a dire che, se il film è un evento, la fruizione è condivisa e non è collettiva. Sui social dico di essere andato a vedere quel film e condivido la mia opinione. Il film è una parte di condivisione sociale che passa attraverso i social. Io vado a vedere quel film in cui ne parlano tutti nei social perché si sente l’esigenza. L’autore dell’articolo faceva proprio questa differenza tra “Taxi Driver” e “Joker”: nel secondo lo sceneggiatore ha il bisogno di raccontare la sua storia a prescindere dal significato che poi lo spettatore si crea a seconda della sua idea, mentre invece in “Taxi Driver” dei tratti del passato del personaggio sono mostrati da degli indizi non espliciti, come per esempio il fatto che lui sia andato in guerra evidenziato dal giubbotto che indossa o dagli atteggiamenti che i veterani del Vietnam avevano all’epoca. La trama tra i due film è simile, ma a livello di impostazione “Taxi Driver” si basa sul mostrare e “Joker” sul raccontare. Nel momento in cui una cosa viene mostrata lo spettatore scopre il senso insieme agli altri, perché ci sono reazioni, volute dagli autori, che fanno capire il senso di quella cosa. Le cose mostrate poi diventano iconiche impiantandosi nell’immaginario collettivo, come la scena di Marcello Mastroianni che cerca di baciare Anita Ekberg nella fontana di Trevi in “La Dolce Vita” è diventata patrimonio visivo nazionale, perché quando pensiamo alla fontana di Trevi pensiamo a quella immagine. In “Joker” invece è il racconto a diventare più importante per il pubblico, non che giacca indossa o in quale strada è ambientata la rivolta. Affinché il pubblico si senta disposto ad andare in sala c’è bisogno di partecipare ad un evento condiviso per poi dire la sua sulla storia raccontata. Non basta più l’immagine perché quando sono usciti “Halloween” e “Lo Squalo” venivano mostrate cose che il pubblico non aveva mai visto prima, mentre ora si vede tutto in ogni dove, per questo la storia è tanto importante. Il grande pubblico si muove seguendo queste direttrici ed adesso in sala bisogna andare, è un obiettivo che lo spettatore si pone, mentre prima le sale cinematografiche erano presenti nelle strade principali di ogni paesino e non solo nelle grandi città. Tu stavi camminando, vedevi la locandina, andavi a pagare la bolletta e prima di tornare a casa andavi a vedere il film. Prima il film era un incontro che facevi nella tua strada, mentre ora devi essere tu ad allontanarti per andare a vivere un’esperienza che ora è vissuta come il teatro e non fa parte del quotidiano, ma la devi programmare. L’esperienza cinematografica per il grande pubblico quindi diventa da costruire e non spontanea, per cui quest’ultimo, per essere spinto, ha bisogno dell’evento. Poi ci sono sale che vogliono coccolare il loro pubblico informato, come invitare il regista, proiettare i film in lingua originale o offrire il tè prima della visione, ma è gente appassionata e motivata, diversa dal grande pubblico generalista che si muove per l’evento. Il cinema è diventato un ingranaggio che fa parte dei social, ma non è il centro dell’esperienza. “Cinquanta Sfumature di Grigio”, parlando sempre dei grandi numeri, è stata la scusa di delle persone per uscire e mangiarsi la pizza, ma il film era il pretesto e forse molte persone non se lo ricordano neppure perché non era l’evento principale per loro. Da questo punto di vista la vedo nera, sebbene l’offerta sia enorme. Questa è la cosa che spaventa di più: il grande pubblico non si rende conto che i film a settimana che escono sono circa dieci se non di più. Sono talmente fissati esclusivamente con i grandi eventi come i cinecomic che sono convinti che escano solo quelli, quando in realtà l’offerta è vastissima. Io sono un insegnante e chiedo ai miei colleghi quanti film sono usciti nell’ultimo anno e loro mi rispondo trenta… e si sta parlando di insegnanti, gente che dovrebbe essere più sensibile alle uscite culturali. Tutto ciò almeno per quanto riguarda l’Italia. Per quanto riguarda invece la produzione, negli ultimi anni c’è questa straordinaria tendenza che diversi film d’autore si stanno trasformando in blockbuster: “La Forma dell’Acqua” di Guillermo Del Toro e “Parasite” di Bong Joon-Ho hanno fatto dei grandissimi introiti al botteghino. In questo modo il cinema d’autore diventa cinema popolare e dimostra lo sbaglio dei cinefili snob pensando che il cinema lo capiscono solo loro e qualunque cosa apprezzi la massa sia solo ignorante e inferiore. Forse è questa la risposta alla domanda: si può riuscire a portare in sala un pubblico diverso se si riesce a far capire un film può accontentare palati diversi e non un unico tipo di pubblico. Adesso gli autori dai festival stanno imparando un linguaggio più trasversale e popolare, quindi non esiste più quella netta divisione tra film da festival e mainstream. C’è questa osmosi meravigliosa, la cosa più affascinante che mi sia capitata di vedere negli ultimi venti anni, per cui si riesce a fare l’evento con un film d’autore. “Roma” di Alfonso Cuarón, seppur sia stato proiettato da poche sale, su Netflix è stato presentato come film evento nonostante sia un film in bianco e nero con i sottotitoli. Questa è la più grande sfida della contemporaneità e forse è il miglior modo per portare in sala tanti tipi di pubblico. Quelli che si definiscono cinefili dovrebbero essere più consapevoli di quello che la contemporaneità ci offre ed essere un po’ meno chiusi nella loro torre d’avorio.

Io: Allora proviamo ad andare in un campo più spinoso dal punto di vista dei cinefili: secondo te oggi è ancora possibile ottenere più casi in cui gli autori riescono a mostrare fortemente la loro mano anche in blockbuster appartenenti a brand molto popolari? Più esempi come “Guardiani della Galassia” di James Gunn o “Dumbo” di Tim Burton.

Adriano: Per quanto riguarda i film d’autore in generale si, le opere possono diventare blockbuster, ma quando questi si devono allacciare a brand ad alto costo gestiti da grosse case di produzione il discorso è diverso. I casi di libertà assoluta sono pochi, anche perché è capitato tante volte che un autore litigasse con la produzione. Far collimare la cosa non è semplice, perché il guaio è che i grandi produttori non ritengono necessario che il loro grande tassello sia messo in mano ad un grande autore. Magari il prossimo “Doctor Strange” diretto da Sam Raimi dimostrerà che le cose invece si possono ottenere, mentre Tim Burton e James Gunn sono casi isolati. Quest’ultimo, insieme a Taika Waititi, ha avuto completa libertà perché parla un linguaggio che ai giovani piace molto ed ha fatto centro, un linguaggio autoriale che per caso si sposa con le esigenze della produzione. Al momento solamente Christopher Nolan e Todd Phillips hanno superato il miliardo con il loro approccio all’universo di Batman, insieme a Rian Johnson con il suo “Star Wars: Gli Ultimi Jedi”, altro caso isolato che però guarda dove ha portato per essere andato controcorrente. Inoltre gli autori l’anno scorso hanno realizzato dei film singoli che sono andati benissimo al botteghino, come “Us” di Jordan Peele e “Glass” di Michael Night Shyamalan, quindi si può tenere testa a questa tendenza che affascina il grande pubblico, come ho appunto evidenziato prima perché i traguardi importanti lo dimostrano. I grandi franchise sono formati anche da bei film che piacciono al loro pubblico e quindi massimo rispetto, ma trovo difficile che uno di questi che vengono fatti da mestieranti siano utilizzati come fonte di ispirazione per un autore tra più di venti anni. L’esistenza di autori che riescono ad ottenere libertà in film ad alto budget appartenenti a grandi franchise non è comunque da sottovalutare troppo, basti pensare agli ultimi capitoli di “Il Pianeta delle Scimmie” di Matt Reeves o “Godzilla” di Gareth Edwards”, ma si tratta quasi sempre di titoli che non arrivano al miliardo pur andando bene. Finché le cose rimangono così il numero di autori che hanno controllo nei blockbuster non può aumentare a tal punto da diventare sistematica ed è sempre in minoranza. Per ogni Tim Burton che mi citi nella Disney ci sono in maggioranza approcci molto più piatti, come appunto lo sono stati secondo me “Aladdin”ed il pessimo “Il Re Leone”.

Cinema oscar
Adriano Della Starza durante il commento degli Oscar 2020.

Io: Pensi che sia migliore la contemporaneità o una distribuzione realizzata pochi mesi prima del rilascio streaming quando i titoli delle piattaforme come Netflix finiscono in sala?

Adriano: Purtroppo le sale che distribuiscono i film di Netflix da me non ci sono, quindi quando un film esce su Netflix io me lo perdo in sala. Anche lì tutto è giocato sulla motivazione del pubblico: in delle sale hanno continuato a proiettare “The Irishman” anche dopo il rilascio su Netfix. Se il film è allettante per un pubblico motivato, lo streaming non gli fa concorrenza. Il film deve essere allettante, però deve anche uscire. Noi pensiamo che ogni film di Netflix ha avuto la stessa distribuzione dell’opera di Martin Scorsese, ma “Storia di Un Matrimonio” è uscito in 13 sale, il quale ha la stessa valenza del non uscire da nessuna parte. Io sono comunque favorevole all’uscita che si verifica prima dell’uscita in sala, ma allo stesso tempo penso che l’uscita in contemporanea non danneggi il film, perché le persone motivate decidono di andare in sala. Uscire però vuol dire uscire e non basta mandare un film in qualche sala. Ricordo inoltre che ogni film Netflix è uscito in sala in lingua originale con i sottotitoli, a meno che non si parli di produzioni italiane. Non è un problema di quando, ma è un problema di come. Se domani dalle mie parti dessero “Storia di Un Matrimonio” io andrei domani senza pensarci due volte.

Io: C’è un autore che ami e che reputi molto sottovalutato a causa di particolari critiche negative?

Adriano: Non posso rispondere bene a questa domanda, perché io leggo decine e decine di critici. La tendenza della critica moderna è di analizzare e non di giudicare un film e basta. Io apprezzo l’analisi di un film e non il processo ai film, su cui non emergono davvero le questioni legati alle opere che sono di gran lunga più interessanti. Non mi appaga più dire che un film è solo bello o brutto, cosa che faccio solo in caso di comodità comunicativa in certi momenti. Quando finisci di analizzarlo e quando leggi tanto, tu troverai sempre il critico che difende quel film così come troverai sempre il critico che lo stronca. Se fai una lettura a tappeto troverai per forza il critico che distrugge Christopher Nolan e quello che lo loda. Se leggessi solo Francesco Alò, critico che io stimo ampiamente, è ovvio che mi verrebbe subito in mente Nolan, ma ci sono tanti altri critici che invece apprezzano e valorizzano il lavoro di quest’ultimo. Non posso quindi prendere un autore in particolare, perché troverò sempre quel critico che “mi da ragione”. Ma poi se esce un film di Clint Eastwood abbiamo proprio bisogno di qualcuno che lo promuovi o lo bocci? Penso di no, perché è l’ennesimo film di un grande maestro. Che poi c’è anche questa tendenza di pescare un film di un grande maestro che non piace giusto per evidenziarlo e basta, cosa che sinceramente trovo un po’ deprimente. Quando parli di Woody Allen tutti citano “To Rome With Love”, che io ammetto di apprezzare anche. Non ci vuole il processo, ci vuole analisi: come si collega questo film alla filmografia di Polanski? Dove sta andando il suo percorso? Queste sono le domande, non “è bello o brutto e basta.” Se sei appassionato di cinema i film dei grandi autori li devi vedere tutti, altrimenti non sei un appassionato di cinema. Qualcuno mi disse che avrebbe sconsigliato “Il Vecchio e Il Mare” di Ernest Hemingway perché non era un libro particolarmente riuscito: ho capito, ma tu sei un bibliofilo amante di letteratura e salti un’opera di Hemingway? No, te li leggi tutti, come sarebbe da stupidi saltare un solo film di Spielberg, Allen, Eastwood ed altri. Poi ci sono opere meno significative, ma nella filmografia dei grandi sono tutti necessari. Tornando alla critica, quest’ultima può essere importante per gli esordienti, i quali realizzano opere prime e se qualcuno le stronca io sarei deciso a dire di dare all’esordiente un’altra possibilità. Non mi è piaciuta per esempio l’accoglienza che è stata riservata a “Elysium” e “Humandroid” di Neill Blonkamp, anche se comunque pure lì ho trovato dei critici che lo hanno difeso e non posso più dire che un’opera sia totalmente stroncata. Una critica in particolare che mi colpì molto in negativo fu quella di Paolo Mereghetti che diede a “C’Era Una Volta in America” due stelle e mezzo.

Io: Negli ultimi anni sei diventato uno degli ospiti fissi nel programma su YouTube chiamato “Facce di Nerd” ed ultimamente anche nelle live del canale di Paolo Innocenti. Che sensazioni ti da partecipare a queste live?

Adriano: Felicità. Tanta felicità, tanta gioia e tanto entusiasmo. Si respira un’aria di famiglia e quindi sono i momenti che ti fanno stare bene perché parli di cinema con persone che amano la tua passione condividendola con te. Sono esperienze davvero straordinarie a cui purtroppo non posso sempre garantire la mia presenza come vorrei per impegni familiari e lavorativi, ma la grandissima gioia rimane. Ovviamente mi esalto di più nei momenti in cui ho più cose da dire. Quando parlo degli oscar mi gaso per esempio, mentre quando parlo del trailer di un film che non mi interessa o della valutazione di un film che non apprezzo decisamente meno, ma la discussione è sempre molto piacevole. Lo vedo sempre come un momento di grandissima gioia.

Facce di Nerd il collezionista di ombre
Adriano Della Starza, Davide Clerici (in arte DavidePlissken), Giacomo Buzzoni (in arte Signor Giacomo) e Mattia Pozzoli (in arte Matioski) nella foto

Io: Qual è secondo te l’approccio più importante che uno youtuber debba avere quando parla di un determinato argomento?

Adriano: Lo youtuber deve essere consapevole delle reazioni che susciterà con le sue azioni, con le sue parole e con il tono che usa. Se ha un tono acceso e polemico, mantenendo sempre il rispetto di tutti, può tranquillamente usare questo atteggiamento basato su verità che si scontrano. Per me YouTube è un momento di confronto e di crescita collettiva in cui si analizza qualcosa in modo pacato, indipendentemente dall’impostazione tipica o meno delle tendenze della piattaforma. Questa è la mia ricetta, seppur non l’unica. Indubbiamente la cosa che reputo più necessaria è il rispetto reciproco. Non bisogna offendere nessuno e non bisogna offendere il lavoro degli altri. Tolta questa cosa, penso che ogni persona scelga la strada che vuole.

Io: Cosa pensi di YouTube Italia in generale?

Adriano: Lo conosco molto poco per dire cosa penso. Io seguo alcuni canali o video in generale sul cinema e basta. Io di YouTube non so niente e quando lo guardo lo attivo in macchina mentre vado al lavoro ascoltando quei pochi youtuber cinematografici che seguo con una certe frequenza. Sono informato solo sul settore cinematografico e gli altri non li conosco, a meno che uno youtuber improvvisamente non faccia un film.

Io: C’è uno youtuber cinematografico con cui ti piacerebbe collaborare?

Adriano: Mi piacerebbe incontrare e conoscere tutti gli youtuber che seguo, perché mi piace avere un rapporto compatto con le persone che mi comunicano tanto. Per quanto riguarda la collaborazione, se nasce un’idea perché no, ma non è una priorità rispetto a conoscerli in maniera telefonica o in carne ed ossa. Mi piacerebbe conoscerli tutti: Victorlaszlo88, Federico Frusciante, Antonio Cianci, Barbie Xanax, Violetta Rocks, Julie Hall, Caleel e molti altri. Con parte di essi è anche già capitato e di questo ne sono felice.

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