Abbiamo scambiato quattro chiacchere con uno dei più interessanti vlogger di YouTube Italia che sono capaci di creare dibattiti molto forti.
Su YouTube è facile trovare persone che amano parlare di argomenti sulla cultura pop (cinema, serie tv, videogiochi, etc.) e le live di gruppo su di esse sono diventate molto popolari grazie all’esplosione di Facce di Nerd. Molto più difficile invece è trovare una singola persona che riesca ad intrattenere benissimo il pubblico sugli stessi argomenti completamente da sola: stiamo parlando di Roberto Tavecchia (in arte Rob McQuack), vlogger avente un canale da oltre 4470 iscritti e che negli ultimi tempi si sta fortemente imponendo nelle live d’intrattenimento, destando interesse negli appassionati. Le sue argomentazioni molto spontanee ma allo stesso tempo molto dettagliate che mettono in risalto un tipo di analisi molto interessante sulla cultura ed il suo impatto sono un grande oggetto di fascino per gli utenti.
In questa intervista fatta al celebre youtuber, egli ha fatto diverse riflessioni per quanto riguarda il modo di pensare dei fruitori e dei produttori che portano al pubblico nuove opere, ma anche del suo rapporto con gli altri colleghi del web ed il suo scopo per cui continua ad andare avanti anche toccando argomenti scottanti. Vi auguriamo quindi una buona lettura.
Io: Come è nato il tuo canale YouTube?
Roberto: Il mio canale YouTube non è nato da una mia idea, nel senso che sono state altre persone a spingermi ad andare su YouTube. Io all’inizio non conoscevo YouTube al di fuori del gaming e pensavo di conseguenza che lo youtuber fosse semplicemente un gamer, anche perché io sono un vecchietto di 37 anni e quindi ero proprio fuori da queste dinamiche. Un giorno, mentre frequentavo l’accademia di recitazione, conobbi una persona chiamata Mattia Pozzoli che non sapevo ancora essere Matioski. Ho frequentato lui anche al di fuori delle lezioni per il semplice fatto che avevamo una passione in comune, ovvero l’essere nerd e quindi amare cinema, serie tv, videogame e via dicendo. Frequentandolo capitava di andare a mangiare insieme e con lui c’erano anche Mattia Ferrari, Giacomo Buzzoni, Davide Clerici che non sapevano fossero Victorlaszlo88, il signor Giacomo e Davide Plissken. Dopo un po’ di mesi, mentre ci stavamo salutando alla fermata della metropolitana, una ragazza si è fermata vicino a Mattia Pozzoli e gli ha chiesto se vuole fare una foto. Lui ha accettato ed io ho guardato stranito chiedendogli perché. Mattia mi ha risposto dicendo di essere uno youtuber, così, appena sono tornato a casa, ho cercato il suo nome su Internet e mi si è aperto un mondo. Inoltre Matioski stava per realizzare le dirette chiamate “Nerd Planet Live” sul canale “Movieplanetchannel” che poi si sarebbero evolute successivamente nelle live chiamate “Facce di Nerd” e siccome io già facevo recensioni per dei siti riguardo tematiche nerd mi ha detto che gli sarebbe piaciuto avermi tra gli ospiti. Dato che credeva che avrei potuto contribuire alla qualità del programma ho accettato nonostante avessi solamente un microfono… e non avendo una webcam sono diventato l’intelligenza artificiale di “Facce di Nerd”. C’è chi disse che ero lì solamente perché sono amico di Matioski e Victor, ma loro risposero dicendo che ero in trasmissione perché ne sapevo incentivando gli spettatori a farmi qualche domanda a caso. Sono stato molto fortunato perché mi hanno fatto domande su argomenti che conoscevo e da allora è nata la definizione dell’intelligenza artificiale grazie agli anni di passioni su cui mi sono documentato. Dopo un po’ Matioski mi ha chiesto come mai non aprissi un canale YouTube e Victor mi ha proposto di realizzare un programma sulle live perché a detta sua rimarrebbe ad ascoltarmi per mesi. Nei primi sei mesi il canale si basava sulle recensioni che erano altalenanti nell’accoglienza e ad un certo punto ho ascoltato il consiglio di Victor ed ho aperto la rubrica “Talk Nerdy To Me”, un live show basato solo sulle domande del pubblico che ho realizzato ispirandomi al fatto che ad un certo punto in “Facce di Nerd” molta gente non vedeva l’ora di fare domande… e quindi perché non realizzare delle live solo dedicate ad esse? Che succederebbe se l’argomento delle live lo scegliesse il pubblico? E poi il resto è storia.
Io: Spesso Twitch è considerato più conveniente di YouTube per quanto riguarda le live, eppure tu realizzi dirette su entrambe le piattaforme, come mai? Quali sono le differenze principali per chi vuole essere uno streamer?
Roberto: Il motivo in realtà è assai venale. Io ho un pubblico molto ridotto ed adesso, causa situazione Covid, il mio lavoro principale attualmente si è fermato, perché l’azienda per cui lavoro che si occupa di consegna, installazione e montaggio mobili sostanzialmente si riforniva in quella che è diventata la prima zona rossa in Italia, quindi da allora sono fermo. Per questo ho pensato di incentivare le mie entrate dividendole tra YouTube e Twitch. Nonostante io abbia i requisiti per avere la partneship su Twitch io l’ho rifiutata perché se diventi partner su Twitch non puoi più sfruttare anche YouTube e siccome io sono un canale piccolo in entrambe le piattaforme ho deciso di mantenere tutti e due i format, anche perché il pubblico che mi segue su YouTube non viene necessariamente anche su Twitch, poiché quest’ultimo è una piattaforma molto più pesante e non è sempre facile seguire tutte le dirette con i computer più vecchi che danno problemi di lag. Il pubblico che ho su YouTube prevalentemente rimane su YouTube ed il pubblico che ho su Twitch prevalentemente rimane su Twitch… e questo mi ha dato la possibilità di diversificare i format. Su Twitch ho molte più libertà da un punto di vista dei dialoghi e di temi e probabilmente oggi è proprio Twitch la piattaforma che preferisco, anche se per quanto riguarda l’esperienza del pubblico, che si sente magari propenso a donare ed intervenire, è molto più forte YouTube. Se nessuna delle due realtà si consolida io non scelgo una a discapito dell’altra proprio perché sono un canale piccolo, mentre invece capisco gli streamer con molti più utenti che caricano su YouTube solo video montati e fanno le live solo su Twitch facendo la partnership. Chi mi conosce sa che su YouTube le live sono completamente off-topic mentre invece su Twitch sono prevalentemente on-topic perché io faccio un lavoro di ricerca sulle principali testate. Quando trovo le notizie infatti faccio una breve ricerca, cerco di infarcire la notizia con un parere personale e poi sulla notizia in questione do spazio al parere del pubblico. Mi piace tantissimo avere questo scambio equivalente in cui io do un po’ di cose al pubblico ed il pubblico consiglia a me venendomi in soccorso, perché essendo un essere umano non sono onnisciente. Ho una community talmente figa che quando mi fanno domande ed io non so rispondere allora sono loro a rispondere, facendo anche delle discussioni parallele con altri utenti. Questa cosa è bellissima.
Io: Neanche a farlo apposta ti sei collegato alla mia domanda successiva: qual è secondo te il miglior modo di approcciarsi al pubblico? E quanto influenza il pubblico uno streamer che parla di argomenti legati alla cultura pop?
Roberto: Parti dal presupposto che io avevo tantissima paura di entrare su Internet perché ho avuto un’infanzia ed un’adolescenza da persona obesa, quindi sono solito prendermi la cattiveria della gente con diversi commenti body shaming e quant’altro. Da piccolo lo sentivo di più e crescendo mi sono creato una scorza di ciccia e quindi non mi toccano più certe cose, però la paura che potessi ritornare in queste dinamiche mi spaventava parecchio, perché io, assistendo a molte live, vedevo spesso che c’è anche il bisogno da parte delle persone di attaccare pure sul fisico. Infatti l’anonimato ti garantisce la possibilità di insultare qualcuno perché anche se mi banni mi creo un altro account e ritorno a fare la stessa cosa. La paura c’era, ma poi ho pensato: se provassi a crearmi una community dove questa cosa capita il meno possibile? Visto che spesso si va avanti con dissing, con flame, con odio ho voluto provare a creare una community dove c’è l’educazione. Io per primo sto utilizzando Internet da un punto di vista terapeutico, perché in questo modo riesco a smussare i miei difetti caratteriali come il fatto che magari ho poca pazienza, che sono permaloso e ripetitivo, etc. Pormi in un modo educato con il pubblico influenza il pubblico a fare altrettanto con te. Ogni tanto capita la mela marcia, però la cosa bella è che non devo intervenire io o i miei moderatori, ma ci pensa proprio il pubblico a ignorarlo o a blastarlo. Portare un clima di pace e tranquillo aiuta le persone a stare insieme e mi sono reso conto di quanto la cultura pop in questo sia fondamentale, perché tantissime persone vorrebbero raccontare e condividere le proprie passioni con amici nella loro quotidianità e magari non possono perché hanno paura di essere etichettati come bambinoni e sfigati, quando in realtà le passioni non hanno età. Quante volte da piccolo mi hanno preso in giro perché prendevo un action figure o leggevo un fumetto? E quante volte io oggi prendo in giro quelle stesse persone diventate adulte che comprano un bruttissimo Funko Pop (dico così perché personalmente dal punto di vista estetico preferisco molto di più un’action figure) o che vanno a vedere al cinema un film tratto da una stessa storia che leggevo io da bambino? Oggi la cultura pop abbraccia un po’ tutti e soprattutto abbraccia anche persone molto più grandi, perché più la realtà si fa brutta e drammatica con tutte le pessime notizie e più noi sentiamo il rifugio di immergerci in storie fantastiche dove ci sono personaggi di finzione che salvano la giornata. Tantissime persone hanno trovato il coraggio di aprirsi e di raccontare le proprie passioni e proprio io, condividendo anche dei messaggi di apprezzamento che ricevo, dico spesso, se si ha dei canali, vlog, siti o quant’altro, di comunicarmelo in modo da spammarli perché cultura vuol dire condivisione. Tantissimi iscritti aprono vlog e canali di YouTube in cui parlano delle loro passioni… e sapere che ho ispirato nel mio piccolo della gente ad inseguire le loro passioni, fossero anche 10 o 15 persone, mi rende davvero più sereno.
Io: Uno dei tuoi particolari principali che ti distingue parecchio è la tua continua analisi accurata del marketing per capire l’accoglienza del pubblico del prodotto ed il modo di fare dell’azienda: secondo te a volte il marketing è più importante del film stesso a livello di impatto?
Roberto: Tendenzialmente alla fine dovrebbe essere sempre l’opera a guidare tutto quello che ne consegue e da qui anche il marketing. Il fatto è che il marketing inizia ancora prima che il pubblico usufruisca dell’opera, quindi non può essere assolutamente sottovaluta. Certo è che il marketing diventa vitale quando l’opera è mediocre, perché se il marketing riesce a vendere bene un prodotto che ha un sacco di lacune dal punto di vista artistico sostanzialmente il prodotto non va a floppare e va meglio di quanto sarebbe dovuto andare. Tuttavia c’è l’altra faccia della medaglia che rappresenta il problema, ovvero quando determinate opere, specialmente quelle che vivono in un universo condiviso, sostanzialmente deludono. Questo perché anche il capitolo successivo, che può essere migliore del precedente, purtroppo paga lo scotto della delusione del capitolo che è venuto prima. Pensiamo che “Star Wars: L’Ascesa di Skywalker” è andato benissimo al box office ma comunque i profitti sono dimezzati rispetto a “Star Wars: Il Risveglio della Forza”, segno che da primo film di Abrams in poi qualcosa è andato storto e la stessa cosa possiamo pensare di quello che è rimasto del DC Extended Universe: l’ultimo film su Harley Quinn ha floppato malissimo perché c’è ancora diversa gente che si ricorda della delusione di “Suicide Squad” e non poteva nemmeno colmare il vuoto di poter approfondire il Joker di Jared Leto non essendoci nemmeno quest’ultimo. Il marketing comunque resta vitale, perché l’idea che riconoscimenti come gli Emmy, i Golden Globe e gli Oscar possano comunque essere dettati dalla sola arte è un’immagine poetica e romantica ma che si discosta comunque molto dalla realtà dei fatti. Per esempio “Black Panther” ha sicuramente tutte le qualità per cui ha vinto i premi assegnati, ma dubito comunque che li abbia ricevuti davvero per quello e non per l’impatto culturale, dato che si tratta di un film che ha per protagonista il primo supereroe africano. L’impatto culturale che ha avuto in America tuttavia non prende emotivamente in Asia o in diversi posti dell’Europa, per questo è stato fondamentale un lavoro di marketing per cui il film ha avuto successo. Se i giocattoli, i gadget e qualunque altro prodotto collaterale legato al film non vendono altrettanto bene allora il prodotto è da considerarsi un flop, soprattutto se non parliamo di singoli film ma di opere legate ad universi condivisi sviluppati da multinazionali come la Disney e la Warner Bros.
Io: Ed un marketing geniale o mal fatto incide sulla tua valutazione del film effettivo?
Roberto: Certo. Un marketing geniale può portarmi in sala a vedere un film su cui non avrei speso un euro… e se scopro che non mi piace mi fa sentire preso in giro. Un esempio sono i trailer di diversi film della DC come quello di “Suicide Squad” che con il tema di Bohemian Rapsody era pazzesco, ma ti mentirei se dicessi di aver avvertito anche solo una volta lo stesso esempio avuto nel trailer. Quando il marketing viene utilizzato l’importante è che da una parte invogli alla visione e dall’altra parte non alzi troppo le aspettative, perché nel caso dovesse prendersi gioco di lui il pubblico non dimentica e sa essere vendicativo a tal punto che se fai un altro trailer bello la gente non è più attratta. Il marketing è importantissimo e lo dice uno che non l’ha studiato, ma si limita semplicemente a mettere insieme i puntini. Le cose che riesco a prevedere io, con molte persone che mi chiamano profeta (ride), le ottengo attraverso la deduzione, come il fatto che presto molte case di produzione punteranno ai film tratti dai manga. Perché? Perché la cultura orientale si sta espandendo, le licenze DC sono andate benissimo e quelle Marvel hanno esaurito le licenze di tutti i personaggi famosi salvo gli X-Men ed i Fantastici 4 che tuttavia devono ancora andare adagio con il confronto del pubblico per quelli venuti precedentemente, i primi perché sono finiti da poco e sono quindi ancora troppo fissi nella testa del pubblico ed i secondi perché bisogna ancora superare la delusione dell’ultimo reboot. Tra il pubblico sono fondamentali i bambini e le persone appassionate perché ti comprano i gadget collaterali, per questo dovrebbe essere meglio puntare su una licenza di un manga famoso con guadagni sicuri piuttosto che puntare su una licenza di un personaggio Marvel sconosciuto (tipo Shang-Chi) che è più rischiosa. A prima vista un bambino cosa può scegliere tra il nuovo film degli Eterni e il live action di Naruto? Ecco perché penso che stiamo per ricevere un’ondata di cinecomic provenienti da opere orientali.
Io: Prendiamo una scelta di marketing che sta facendo estremamente discutere in questi ultimi giorni: la Snyder Cut. Diversa gente ha dubitato delle potenzialità della cosa dal punto di vista economico e tu hai ribadito più volte il perché su questo lato la cosa può funzionare, ma io voglio evidenziare come il tutto dal punto di vista artistico. Aver dato ad un regista l’opportunità di mostrare un’opera secondo la propria visione dopo che quest’ultima è stata, secondo dichiarazioni e fatti, modificata dalla produzione è una vittoria morale a prescindere dalla qualità?
Roberto: Innanzitutto è una vittoria umana, perché Zack Snyder è stato costretto ad abbandonare le riprese a causa del suicidio di sua figlia Autumn e da quel punto di vista l’unica cosa che ha portato avanti lui e sua moglie Deborah è stato semplicemente lavorare al film. Hanno impegnato anima e cuore in questo cut proprio perché così non pensavano al dolore del lutto ed hanno detto che questo film sarà proprio dedicato a lei, quindi dal punto di vista umano è un cerchio che si chiude. Sono molto contento di questa cosa perché l’idea che un’opera ti venga portata via, che solamente un quarto della tua opera arrivi in sala e che la gente ti dica che ad aver fatto floppare l’universo cinematografico sia stato tu e per di più con un lutto avvenuto da poco non è proprio una cosa felice. In seconda battuta va però precisato che è anche una vittoria commerciale: da quanto tempo numerose persone vogliono la Snyder Cut? Diversa gente è rimasta spiazzata da questa idea, perché sembra che la Warner Bros si metta i bastoni tra le ruote dato che deve lanciare il Batman di Robert Pattinson ma allo stesso tempo fa riapparire il Batman di Ben Affleck… ma non è la Warner Bros a volerlo, bensì HBO Max che è un’altra divisione. Anche se dovesse risultare una produzione superiore ai 30 milioni è comunque poco se si pensa che una puntata di “The Mandalorian” costa alla Disney almeno 25 milioni a puntata e la HBO Max può puntare a personaggi DC iconici mentre Disney Plus sta puntando a personaggi minori. Le azioni e gli abbonamenti di HBO Max sono decollati dopo questa cosa ed il film esce nel 2021, quindi ha poco senso abbonarsi adesso, ma ciò fa capire quanto ci sia la voglia di supportare il progetto. Questa cosa non risulterà un precedente perché è impossibile riportare e soprattutto rifinanziare tutti i film tagliati che non sono andati un granché al botteghino, però indubbiamente è un messaggio di grande indipendenza e forza quello che la HBO Max vuole lanciare. In pratica si sta presentando come l’unico servizio streaming che può accontentare tutto ciò che il pubblico vuole e basta infatti pensare che prima della Snyder Cut ha annunciato il revival di “Friends”, un’altra cosa considerata impossibile da molta gente ma che il pubblico desidera da tanti anni.
Io: In seguito a questo avvenimento diverse persone stanno protestando sul fatto che adesso tanti film potrebbero avere la cut che esce successivamente al film rilasciato nelle sale. Ovviamente questa cosa non può verificarsi per tutti i registi a livello di marketing ed economico e sarà molto interessante tutto l’impatto che la Snyder Cut avrà dopo il rilascio. A livello tuttavia artistico e morale, seguendo questa logica, anche registi come David Ayer e Josh Trank, i quali hanno ribadito più e più volte che la loro visione è stata tagliata e modificata dalla produzione, dovrebbero avere questa opportunità, giusto?
Roberto: Se i casi aumentano però genererebbe il problema che tutti vorrebbero una cosa del genere e la faccenda si farebbe più complicata. Se dovessimo parlare di giustizia è ovvio che ogni regista meriterebbe di arrivare in sala con il prodotto che ha fatto lui, però questa cosa non è possibile per tanti motivi. Prima di tutto motivi di marketing, motivi da parte di chi decide dandoti i soldi per l’opera ed ha un’idea precisa di quello che vuole mandare in sala. Infatti molti se la prendono del fatto che la Marvel non lascia libertà a diversi suoi registi, motivo per cui Edgar Wright ha lasciato “Ant-Man” e Scott Derrickson ha lasciato “Doctor Strange: Multiverse of Madness”, dato che la loro visione dell’opera si scontrava con quello che la Marvel voleva portare per quanto riguarda l’identità delle loro pellicole. È giusto che la Snyder Cut avvenga perché si sono presentati molti elementi giusti al momento giusto, ovvero il lancio di HBO Max in risposta a quello di Disney Plus ed il fortissimo desiderio da parte del pubblico, desiderio che non è stato espresso per le director’s cut di “Fantastic Four” e “Suicide Squad”. C’è una nutrita nicchia che vuole queste cut da parte dei registi, ma è una nicchia e non possiamo dire che questi movimenti stiano avendo lo stesso eco. Se infine questa cosa vale per tutti non avrebbe più senso dare un certo potere ai produttori. Dall’altra parte però l’uscita in streaming di determinate pellicole potrebbe aiutare una loro eventuale rivalutazione. Bisogna sempre capire nel tempo come le cose vengono rivalutate e come cambi la percezione del pubblico.
Io: E con questo mi hai già risposto ad una domanda che sto per fare. Sei profetico anche nelle interviste, complimenti.
Roberto: Hai visto? (ride)
Io: Secondo te sarebbe conveniente oggi alle grandi case di produzione lasciar fare tutto ai registi quando si tratta di progetti dal budget molto alto?
Roberto: Dipende. Spesso l’idea di un regista può essere fighissima, come le trovate horror di Derrickson. Con “Doctor Strange” aveva le mani legate e con il secondo film gli avevano promesso che sarebbe stato più libero. Quando si è trattato della scrittura nessun problema, ma quando si è trattato di presentare le sue idee illustrate sono nate delle divergenze. Questo perché da una parte c’è l’ambizione ed il desiderio del regista e dall’altra parte c’è la demoscopica. Se io faccio un film che è puramente horror ma il mio target è quello delle famiglie, io rischio di giocarmi una buona parte di pubblico per i film successivi, quindi nel momento in cui io lascio libero un regista di fare un film horror quando il film precedente aveva una componente estetica molto ricercata ma senza horror allora diventa un problema, perché io devo mediare tra la visione del regista e quello che vuole il mio pubblico. Il problema è proprio questo: se la Marvel decide di rendere i suoi film vietati ai minori allora può decidere di lasciare più libertà al regista però si gioca buona parte del pubblico. A questo punto quindi si deve mediare tra la visione dell’artista e la visione commerciale dell’opera: io ti lascio libero ma comunque costruisco il recinto dettato dal pubblico. Io posso avere un animale in cattività, ma se non è in sicurezza ed il pubblico rimane scioccato dall’animale libero è un problema. Poi ci sono quei casi in cui tu vuoi rischiarti il tutto per tutto ed allora decidi di fare una cosa diversa dal solito ed uno di questi casi è “Joker” di Todd Philips. Lì Phillips ha avuto tutta la libertà creativa del mondo perché si tratta di un progetto sperimentale con un budget così ridotto rispetto agli altri progetti che in caso di flop non sarebbe stato grave… ed invece è andato talmente bene a livello di pubblico, critica e riconoscimenti che il suo successo è paragonato a quello dei film degli Avengers. La Warner ha potuto permetterselo perché il budget è stato minore e si tratta di un film stand alone staccato da un universo condiviso ed una cosa del genere la Marvel non la può fare perché every thing is connected e quindi non può assumersi gli stessi rischi. Tutto è dipeso dal tipo di realtà e di prodotto che vuoi fare: più investi poco e più puoi permetterti libertà, mentre più investi tanto e più le libertà diventano minime.
Io: Non crederai a quello che sto per dirti, ma la prossima domanda riguarda proprio “Joker” di Todd Phillips. Ma come ci riesci? (ride)
Roberto: Cosa ci posso fare? Sono un supereroe anche io ed il mio potere è quello della preveggenza. Purtroppo non funziona sempre altrimenti vivrei in una reggia. (ride)
Io: C’è chi ha affermato che il successo di “Joker”, essendo il film più particolare rispetto ad altri cinecomic, sia un segnale per indicare che il filone supereroistico sta per stancare il pubblico tra poco. Tu sei d’accordo con questa cosa?
Roberto: Il cinema, così com’è la televisione e tutti gli altri settori dell’intrattenimento, va a trend. Se ci fermiamo un attimo a riflettere sui progetti futuri siamo quasi a quindici anni di MCU e prima dell’universo cinematografico Marvel abbiamo avuto altri dieci anni di tantissimi film di supereroi slegati tra di loro. Presto saremo a trent’anni di film supereroistici. La moda andrà sicuramente a calare, perché parliamo del pubblico generalista che non è lo stesso che legge i fumetti. Il pubblico è abituato ad avere una storia con un inizio, uno sviluppo ed una fine. Se lo chiedi a me la fine più soddisfacente che il pubblico generalista potesse avere l’ha avuta con “Avengers: Endgame”. Ora devi chiedere al pubblico di ricominciare d’accapo con personaggi molto meno conosciuti e molto meno famosi salvo eccezioni. Bisognerebbe spingere emotivamente il pubblico nei confronti di questi nuovi personaggi e proprio qui si vede perché i film tratti dai manga sarebbero più convenienti: a parte che ci sono diversi personaggi famosi da sfruttare, le trame hanno un inizio ed una fine ed ogni singolo personaggio non sarebbe condizionato da una struttura di un universo che il pubblico è costretto per forza a conoscere. Per vedere il nuovo live action di “Attacco dei Giganti” non devo mica vedermi “Akira” ed io posso decidere di non guardare “Captain Marvel” per poi guardare “Avengers: Endgame” e vedere questa tizia bionda ti chiedi chi è e perché non è arrivata prima. “Joker” è sicuramente un segnale molto forte di come il pubblico si senta di premiare un cinecomic che sia differente dal solito approccio Marvel Studios. La Marvel non potrà riutilizzare gli stessi personaggi con volti diversi e quindi userà nuove licenze, ma queste nuove licenze fino a quando possono durare? Io mi sento così appagato dal finale di “Avengers: Endgame” che non sento il bisogno di vedere un altro film del MCU al di fuori del terzo Spider-Man. Sono convinto che presto vedremo non più quattro film Marvel all’anno, ma due film all’anno per poi spostarci dal cinema alla televisione. L’idea di fare un universo condiviso andrà man mano a cadere, soprattutto considerando che tutti gli altri universi al di fuori della Marvel non hanno avuto la stessa fortuna.
Io: Il motivo per cui il cinema italiano non ha successo è legato spesso al fatto che la sala in generale non attrae il pubblico come prima e gli incassi ultimamente sono parecchio peggiorati, con pochi successi commerciali ogni anno. Secondo te un grosso investimento nel marketing con le pubblicità dei film e della sala potrebbe riportare interesse negli spettatori?
Roberto: In tutta onestà credo che l’unica cosa che in Italia stiano facendo bene è proprio il marketing. Quello che deve cambiare è qualche testa legata alle case di distribuzione. Quando si decide di investire per un progetto secondo me c’è anche una mentalità arretrata, una mentalità ferma ad un cinema che in Italia non funziona più, un cinema che non attira le nuove generazioni ma solo un pubblico di critici, di esperti e di una certa età. Io credo che là dove si decidesse di investire maggiormente su prodotti considerati azzardati ma sperimentali, però più inclini ai gusti dei giovani, il cinema italiano tornerebbe a guadagnare molto. Purtroppo troviamo sempre o pipponi drammatici, o film sulla criminalità, o film che ruotano attorno a situazioni amorose piene anche di triangoli o una commedia fatta da un comico che dopo spettacoli di cabaret prova a fare una sua pellicola, salvo due o tre chicche che possono uscire in Italia ogni anno come “Pinocchio” e “Il Racconto dei Racconti” di Matteo Garrone, “Lo Chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti ed altri film che escono dagli schemi per incontrare il pubblico giovane. Tutto questo si ripercuote anche nella televisione: basti pensare che le solite fiction e le solite serie non riescono a catalizzare i gusti dei più giovani, perché da una parte ci sono alcune lacune dal punto di vista attoriale e dall’altra c’è la mancanza di coraggio nel cimentarsi in produzioni nuove. L’unica maniera che si ha per essere competitivi nel campo nazionale ed internazionale è cambiare qualcuno ai vertici, qualcuno che abbia voglia di mettersi in gioco e di sperimentare. Negli ultimi anni, nonostante gli ascolti ed il box office siano in caduta libera, in Italia si sta sperimentando più di quanto si sia fatto negli scorsi anni. Agli ultimi David di Donatello abbiamo visto che c’era tantissima competizione e spesso si era anche indecisi su chi fare il tifo. Un altro esempio di sperimentazione è il film spin-off di “Gomorra”: noi non abbiamo mai fatto un’opera cinematografica che è il continuo di una serie televisiva, ma questa cosa è successa già in America e per questo stiamo abbracciando il modello internazionale e se vogliamo essere competitivi dobbiamo continuare su questo punto di vista. Il marketing funziona e bisogna variare ed aggiornarsi per attirare i giovani, perché se si continua a fare sempre le stesse identiche cose si otterrà sempre lo stesso identico pubblico. Davanti ad un sacco di voglia di sperimentare bisogna uscire da questa chiusura mentale e bisogna avere più coraggio di dare possibilità a chi vuole osare.
Io: Tu e Victorlaszlo88 fate spesso live insieme attraverso il programma “Vic&Rob”. Come ti trovi a lavorare con lui? Che cosa esprime realizzare live con altra gente?
Roberto: Uno dei motivi per cui tante persone pensano che io abbia litigato con altri influencer è il fatto che la maggior parte delle mie puntate siano one man show. In realtà il tutto ha una dinamica: io sono stato conosciuto dal grande pubblico generalista come l’intelligenza artificiale di “Facce di Nerd”, successivamente sono stato conosciuto come colui che porta le notizie dal futuro nel DarkAndross Game Show di Twitch e dopo ancora sono stato conosciuto come l’insider che dà le dritte quando è ospite da Victor. Quando io ho aperto il canale avevo la necessità di fare dei format da solo, perché volevo sapere se alla gente piacevo se ero la spalla nei canali altrui o se piacevo come personaggio, quindi per me era indispensabile emergere come solista. Perché adesso sono emerse delle live con Victor? Innanzitutto perché lui crede tantissimo in me e perché lui si trova veramente bene con me. Potrebbe collaborare benissimo con gente che ha molti più numeri di me, ma lui è una persona estremamente genuina e spontanea e se ne frega dei numeri. Lui pensa che, se tu porti la qualità, i numeri arrivano da soli e secondo lui io porto tanta qualità e per questo gliene sarò per sempre grato. In seconda battuta ho avuto l’opportunità di passare con lui delle trasferte nella vita privata che possono essere i Lucca Comics e viaggi con gli amici. Abbiamo scoperto di funzionare in maniera molto genuina e spontanea e lui ha sempre detto che al di fuori della Svet io sono la persona con cui si trova meglio a fare delle live: dice che il tempo passa più velocemente, che si diverte un sacco e quando la stanchezza lo prende posso colmare una sua momentanea dimenticanza. Nemmeno io mi trovo bene con nessun altro come con lui a fare le live ed è una cosa che abbiamo coltivato in maniera naturale al di fuori di Internet e che poi abbiamo portato online. “Vic&Rob” nasce dall’esigenza di fare un programma differente da quello che facciamo entrambi, realizzando delle classifiche che in pratica erano delle tier list prima ancora che quest’ultime entrassero di tendenza. Spesso il pubblico interagisce e c’è chi ci dice che quando usciamo dagli argomenti della cultura pop, facendo per esempio delle live sulla pandemia o il Black Lives Matter, allora sbagliamo e riceviamo spesso delle shitstorm e persino minacce… e nel momento in cui questo succede capiamo che dobbiamo continuare a parlarne. Io non condanno le persone che sul loro canale non toccano certi argomenti perché ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma secondo me e Victor quando non ti schieri contro l’oppressore è come se ti schierassi con l’oppressore. Non voglio trasformare il mio format in politica e quando abbiamo parlato del Coronavirus non l’abbiamo fatto per monetizzare sulla faccenda, ma ne abbiamo parlato in relazione alle conseguenze che avrebbe avuto nel mondo dello spettacolo, approfittandone anche per ricordare agli spettatori di seguire le regole e facendo beneficenza pubblicando l’Iban della regione della Lombardia attraverso le donazioni. Quando parliamo di argomenti scottanti e delle persone protestano, allora capiamo che stiamo facendo male a qualcuno e continuiamo a schierarci dalla parte di chi ha bisogno di essere ascoltato. Victor lo fa spesso ed anche se io ho molti meno iscritti nel mio piccolo voglio provare a fare la differenza, perché nel momento in cui ho il privilegio di essere ascoltato da qualcuno questo privilegio non lo posso sprecare.
Io: E cosa percepisci quando stai in “Facce di Nerd”?
Roberto: In “Facce di Nerd” mi sento a casa. Tanta gente pensa che non mi imponga e non parli abbastanza, ma in realtà io sono una persona tanto pacata e mi piace discutere con calma, mentre i miei compagni di viaggio si infervorano tantissimo per le loro passioni. Non è cattiveria, rabbia o odio, ma semplice vera passione. So cosa vuol dire avere una passione e me la prendo con calma e quando vedo che si alzano i toni mi diverto a guardarli ma non riesco ad inserirmi perché sostanzialmente sono una persona tranquilla. Se mi si dà spazio parlo oppure tendo ad alzare la mano d’avanti agli altri come si faceva a scuola. Il pubblico adora quando ci sono divergenze di opinioni e la gente si scatena. La cosa bella di “Facce di Nerd” è che quando usciamo per andare a cena le discussioni che facciamo sono esattamente quelle che si vedono in live. Per questo funziona, perché fondamentalmente siamo noi stessi. Ognuno di noi su “Facce di Nerd” si è fatto, anche non volendo, un personaggio all’interno della mitologia del programma. È bellissimo che grazie al pubblico ed ai tormentoni creati si sia costruito questa sorta di universo, questo Matioskiverse. Io mi trovo benissimo in “Facce di Nerd” e devo dire che Matioski è uno dei più equilibrati e bravi conduttori che abbia mai visto, anche perché non è da tutti riuscire a gestire un pubblico con tante personalità diverse ed io ad esempio non ce la farei mai a gestire un evento come ce la fa lui. È un luogo di scambio culturale costante dove tu te ne esci con una tua idea e Filippo se ne esce con una sua filippica (permettimi il gioco di parole) in grado di intrattenerti con la sua incredibile competenza (perché penso che sia il più grande divulgatore di fumetti che abbiamo in Italia) o ancora Victor che invece ne sa a pacchi sul cinema oppure Giacomo che solitamente è tranquillo ma appena gli tocchi il suo franchise passa da Bruce Banner a Hulk. È bellissimo vedere tutte queste persone così diverse gli uni dagli altri interagire con passione, amore e rispetto reciproco attraverso anche un pizzico di goliardia su un argomento comune. È un salotto molto bello ed è una realtà che per tanti anni ha consolidato YouTube Italia per questo.
Io: E che cosa pensi di YouTube Italia in generale?
Roberto: A me YouTube Italia piace e non piace. Da una parte vedo tantissime persone molto più giovani e talentuosi di me fare un sacco di contenuti intelligenti, brillanti, coraggiosi e pieni di passione che però non hanno la popolarità che meritano, mentre poi invece vedo altri canali molto più leggeri, scanzonati e anche privi di contenuti che, con la forza dei personaggi al loro interno, finiscono sempre in tendenza. Io non sono fan del dissing e non sono fan degli hater. Capisco che si debba fare spettacolo, ma mi dispiace che tanta gente su YouTube polemizzi sulla televisione e dica che sia un sistema obsoleto e poi invece va a cercare lo stesso trash televisivo sempre sulla rete, tuttavia questo non è un problema dell’influencer che va ad accontentare le persone, perché, se vedi che in tendenza ci finiscono sempre prank finiti male o la propria tipa che le esce su what’s app, capisci che se vuoi continuare a lavorare con questo allora è ciò che devi fare. Poi ci sono le persone come me che magari non hanno la presunzione di crescere con chissà che cosa. Io sono perfettamente consapevole che con i miei modi di fare e con i miei contenuti che porto rappresento la nicchia. Alla fine non porto niente di nuovo e cambio al massimo il modo, ma mi ci approccio con la personalità di un lavoro. Si tratta del mio secondo lavoro e non quello principale, anche se a causa dei covid è diventato il mio lavoro principale perché non ho altre entrate, però ho intenzione di portare qualcosa di buono e spero di valore. Non ho la presunzione di riuscirci, perché quello me lo dirà il pubblico. Credo che comunque l’Italia abbia l’opportunità ed il dovere morale di crescere e differenziare i propri contenuti perché sta perdendo terreno con gli altri paesi. Ripeto che però questo non è colpa degli influencer, ma è colpa del pubblico che crea quel tipo di contenuti, perché nel momento stesso in cui tu non guardi più determinati prodotti quei prodotti vanno a morire. Tuttavia, nonostante delle volte si passi davvero il limite, devo riconoscere che ci sono anche dei personaggi che riescono ad essere particolarmente coraggiosi e riescono a portare dei contenuti di valore. Secondo me una realtà che è esplosa su Twitch e sta avendo successo anche su YouTube a questo proposito è proprio il Cerbero Podcast. Per quanto delle volte possano essere discutibili alcune azioni del singolo membro del trio, è indubbio che portino dei contenuti di qualità. Questo per esempio è un modo di fare critica che a me piace e non li considero hater o persone che fanno trash, ma sono personaggi che hanno capito che linguaggio piace al pubblico. Quello è un ottimo esempio di come una qualità contenutistica si possa sposare con una forma molto coraggiosa e delle volte anche sul limite del rasoio.
Io: C’è uno youtuber con cui ti piacerebbe collaborare?
Roberto: Ce ne sono diversissimi e non ti faccio nomi solo perché mi sentirei di fare torto agli altri. In ogni caso io resto aperto a collaborazioni con chiunque là dove posso e dove è una cosa incline al mio modo di fare format. Se mi chiedessero di andare a fare critica ad uno youtuber io direi di no perché non mi occupo di critica ed andrebbe in conflitto con il tipo di format che voglio portare. Se si dice di parlare di cinema, serie tv, animazione, videogiochi e quant’altro allora sono propenso più che volentieri.